About my Blog

writing  often it is the only thing between you and impossibility. no drink, no woman's love, no wealth can match it.  nothing can save you except writing.  it keeps the walls from failing. the hordes from closing in.  it blasts the darkness.  writing is the ultimate psychiatrist,  the kindliest god of all the gods.  writing stalks death. it knows no quit.  and writing laughs at itself, at pain.  it is the last expectation, the last explanation.  that's what it is. 

venerdì 5 dicembre 2008

E corsi in mezzo a prati bianchi di luna per strappare ancora un giorno alla mia ingenuità.

La solitudine del traduttore. È la conditio sine qua non: la condizione dello studioso (o studente) mentre studia. Si lavora in silenzio. A casa. Da soli. In assoluta libertà - è questo il bello -, con la totale disponibilità di spazio e tempo. Non si risponde che al proprio senso del dovere - è questo il guaio -, a un’autoimposta disciplina. In mancanza di un orario o posto di lavoro ogni momento, ogni luogo, è buono per lavorare. Il mandato professionale si fa vocazione esistenziale, una missione. O è il contrario? Se ti hanno chiamata per commissionarti una traduzione è perché tu per prima hai detto sono qui. Quando? Molto presto.
(proviene da qui)

Chissà se anch'io soffrirò di solitudine, chissà se rimarrò insoddisfatta per colpa delle parole che non si incastrano bene come nell'originale, chissà se anch'io cercherò di autoimpormi la disciplina che non ho mai avuto. Vorrei solo sapere cosa devo aspettare. Se rincorrere i sogni e poi cercare un posto sereno dove approdare o, di contro, ragionare con raziocinio per poi prendere il volo con le spalle coperte. La vita è strana, si studiano cose che probabilmente avranno poco valore se non per far bella figura a Trivial Pursuit con gli amici, ci si accontenta e si gode, si toccano picchi di allegria spasmodica anche solo grazie ad un sorriso, si fanno confronti coi nostri simili, stabilendo gerarchie e chiedendosi chi sia veramente felice, si sbatte il muso contro muri sempre più duri, fatti di ingiustizie, incomprensioni e pesantissime realtà. Lo studio delle lingue è una delle cose più crudeli che esistano: non finisce mai, ti lascia spesso insoddisfatto, ti da l'impressione di essere sempre un passo indietro, ti rende ambizioso, ingordo di parole, suoni e gesti.
Ma ora sto divagando, sarà il mal di testa. Sarà che sono nel pieno del prodigio del mio ciclo mensile. Sarà che oggi non ho voglia di spiegare, di andare, di predicare.
Avrei solo voglia di cantare.
Questa canzone qui, ad esempio.



Danielagna

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Oddio quanto ti capisco! io studio mediazione linguistico-culturale e mi sento nello stessissimo modo... Speriamo sia una fase di passaggio... In bocca al lupo :p