Il disincanto e la freddezza arrivano strisciando. Non te ne accorgi subito, no. Dapprima riesci a confonderti bene con la massa, quella che crede ancora ai paroloni improvvisati, messi lì in mezzo al discorso perchè i silenzi pesano, altrochè. La massa che, conforme allo standard generale, muove i propri passi attraverso un intricato reticolo di consuetudini e formalità, spinta da "e vabbè, è così che si fa". Quella che si sistema socialmente e affettivamente perchè la solitudine fa paura, fa male, fa riflettere, fa SCEGLIERE. Fino a quando ti ritrovi in mezzo a tutta quest'inutile centrifuga di luoghi comuni e ipocrisia e ti domandi "ma io, co' voi, che c'entro?". E io, infatti, non c'entro.
Non è saccenza nè presunzione. O almeno non solo. E' che osservo sempre attentamente chi mi sta intorno e, con mio sincero sconcerto, posso contare sulla punta delle dita le persone che vivono realmente qualcosa di vero e che non stanno semplicemente ostentando una serenità certamente desiderata ma mai, di fatto, assaporata. E allora mi domando: perchè fingere? Perchè svestirsi di se stessi e indossare i panni di chi non si è? C'è una smania generale che sembra investire a mo' di ciclone tanta, troppa gente. La smania di proclamarsi. Le persone che rincorrono le definizioni, le etichette. C'è chi tenta di accaparrarsi quella di "innamorato/a", per poter gridare al mondo un sentimento e, allo stesso tempo autoconvincersi della presenza dello stesso. Chi non resiste a quella di "amico/a", e la brandisce, fieramente, come un'arma potentissima fin quando qualcuno gli farà notare che quella che sta impugnando con tanta veemenza non è altro che una piuma, pronta a volare via al primo soffio di vento contrario. Ce ne sarebbero molte altra, ma il punto è un altro.
Io, che invece non mi affretto a manifestare, a gridare ai quattro venti, a prenotarmi un'etichetta da esibire, per trovare poi la giusta ubicazione nella bacheca personale delle persone superficiali, vengo dunque additata come "la strana", "quella che non si sbilancia". Un'anaffettiva, ecco.
Sarà che, come diceva il buon Samuele, "le mie parole sono sassi: precisi, aguzzi, pronti da scagliare", o come preferisco dire io "le mie parole sono preziose". Se le dico è perchè hanno significato, non sono solo dei "significanti".
When I say it, I mean it.
That's all.
Danielagna.
sabato 30 gennaio 2010
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3 commenti:
in fondo essere superficiali vuol dire stare in superfice
(questa potrebbe essere una grran frase...mo penso bene a che può significare)
Infatti è una gran frase.
Il fatto è che a volte bisogna scendere un pò, prendere fiato e tuffarsi per vedere bene cosa c'è in fondo...
:)
Danielagna.
Per scendere bisognerebbe imparare a nuotare e forse per pigrizia tanti si preoccupano di avere un bel salvagente.
E da lì, poi si passa dalla barchetta e poi al panfilo.
Ma cazzo.
Sotto.
E' sotto che bisogna andare.
Perchè prima o poi le navi affondano e se non sai convivere con quello che c'è di oscuro giù, non sopravvivi.
(un'anaffettiva anch'io, tesoro).
(strano, eh?)
:-)
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