About my Blog

writing  often it is the only thing between you and impossibility. no drink, no woman's love, no wealth can match it.  nothing can save you except writing.  it keeps the walls from failing. the hordes from closing in.  it blasts the darkness.  writing is the ultimate psychiatrist,  the kindliest god of all the gods.  writing stalks death. it knows no quit.  and writing laughs at itself, at pain.  it is the last expectation, the last explanation.  that's what it is. 

mercoledì 14 ottobre 2009

L'insostenibile inevitabilità del ritorno.


E' da un pò che ho deciso di riprendere a leggere con più frequenza. Sarà perchè ultimamente ho più tempo libero, ma anche perchè ho una lista di millemila libri in attesa di essere divorati, per ora parcheggiati sulle mensole, i quali dall'alto sembrano osservarmi con occhi delusi e rimproverarmi tacitamente per la mia presuntuosa indifferenza nei loro confronti. Qualcuno di loro è già stato iniziato e giace impaziente sulle mensole più basse, esibendo fiero uno speranzoso segnalibro laddove la lettura, per i motivi più svariati, si era bruscamente o gradualmente interrotta. Altri invece profumano ancora di nuovo: le pagine perfettamente lisce e nessun segno estraneo a testimoniarne l'uso. Su tutti però, in cima alla prima pagina, campeggia il mio nome e la data in cui è stato comprato. In alcuni casi anche il luogo, qualora fosse particolarmente rilevante. Come una fotografia di un momento, come se rileggendo quelle due righe io possa improvvisamente rivedere il momento esatto in cui decisi di portarmi a casa quella nuova creatura d'inchiostro, chiedendomi se mi sarebbe piaciuto o meno.

Ma non tergiversiamo oltre.

Ieri avevo un paio d'ore da ingannare ed ho continuato la lettura del romanzo di Kundera "L'insostenibile leggerezza dell'essere" (comprato nel 2005, iniziato subito e interrotto per chissà quale motivo, infine ripreso dal dimenticatoio qualche settimana fa). Matita alla mano, (utile per sottolineare le parti che più mi colpiscono), mi immergo nel mondo fatto di incontri, ritorni, abbandoni e scontri dei protagonisti, ritrovandomi a sottolineare con particolare veemenza alcuni passaggi, annuendo leggermente o sogghignando in silenzio ad altri. Poi tutto d'un tratto succede: giro la pagina e trovo una sottolineatura di qualche anno fa, risalente alla prima, svogliata lettura. Lo stupore di ritrovare un'abitudine che, scioccamente, credevo appartenesse solo al presente. Ma evidentemente questo presente era presente già in passato.Fisso con malcelata indignazione le parole sottolineate, ed è come se la mano che impugnava allora la matita non fosse la mia, come un tratto fuori luogo nel bel mezzo di un'esperienza che sembrava (o che speravo fosse) esclusivamente nuova, illuminante. Smetto di fissare con astio quel tratto di matita così fino e insolitamente preciso ed avvicino la mia; sospiro rassegnata e con un mezzo sorriso lo ricalco con decisione, stavolta riconoscendomi pienamente e sentendo quelle parole risuonare nella mia testa, ritmiche e scandalosamente vere. E stavolta, forse, dotate di un significato più pieno e completo, proprio come il rinnovato tratto di una matita, più corposo e consapevole, passato su una vecchia sbiadita sottolineatura.

"Sulle spalle di Sabina non era caduto un fardello, ma l'insostenibile leggerezza dell'essere"

Danielagna.

1 commenti:

7di9 ha detto...

Io non sottolineo mai. Perché temo, quando andrò a rileggermi, di essere in disaccordo con il vecchio me. Certo, non è costruttivo (bisogna evolvere), ma mi inquieterebbe dovermi cancellare. Tutto è bene, finché dura. Meglio non disturbare l'illusione.

Bel post, offre ottimi spunti di riflessione :)

7